Numero 13.
ULULATI
DI GUERRA - Parte 9
di
Carlo Monni con l’amichevole consulenza
di Mickey
da un’idea di Andrea Garagiola
Laboratori
dello S.H.I.E.L.D., Turtle Bay, Manhattan, New York City.
Un leggero sfrigolio di elettricità, un vago odore di ozono nell’aria e la
Contessa Valentina Allegra De La Fontaine sbattè gli occhioni blu dicendo:
-Dove sono? Cos’è
successo?-
-Non te lo ricordi,
Val?- le chiese Nick Fury chino su di lei.
Lei scosse la testa perplessa e si
guardò intorno. Era nell’infermeria dello S.H.I.E.L.D. sdraiata su un lettino
con una specie di camicione addosso e la sua uniforme su una sedia. Come era
arrivata lì? E perché Nick, Junior Juniper, Laura Brown e Tim Dugan la stavano
squadrando?
-No.- rispose -Anzi
sì: ero stata a cena con un vecchio amico dei tempi dell’università a Parigi e
poi eravamo saliti nella sua suite per…beh, inutile che vi dia i particolari,
non è vero? Improvvisamente, mentre eravamo a letto, lui ha tirato fuori una
pistola e me l’ha puntata alla tempia. Io ho reagito, abbiamo lottato, sono
partiti dei colpi e poi lui è riuscito a colpirmi alla fronte con il calcio
della pistola ed ho perso i sensi.-
Non è andata esattamente così, pensò
Nick Fury tornando indietro con la memoria.
Una suite della torre del Four Seasons Hotel, Manhattan, New York City, la sera precedente. Quando io e Anya Derevkova arrivammo al piano, uscendo dall’ascensore quasi inciampammo nel cadavere di una guardia di sicurezza dell’hotel con almeno due fori di proiettile nel petto. Un detective della C.S.U. [1] della Polizia di New York, riconoscibile dalla caratteristica tuta isolante stava segnando la scena del crimine. Attorno a lui e disse:
-Attenti: state rischiando di compromettere le prove.-
Nel resto del corridoio altri
suoi colleghi erano intenti allo stesso compito. Facendo un po’ di slalom
raggiungemmo l’ingresso della suite che ci interessava. Sulla soglia c’era il
corpo di una cameriera, una povera ragazza che aveva avuto il solo torto di
trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Uno zelante poliziotto in
divisa ci intimò di fermarci ed io dovetti esibire ill mio tesserino di
Direttore dello S.H.I.E.L.D. per convincerlo a farmi passare. Anya mi venne
dietro e nessuno fece domande su di lei. Probabilmente davano per scontato che
fosse anche lei un’agente dello S.H.I.E.L.D. e sbagliavano. Era un agente sì ma
del S.V.R.[2] il
Servizio sdi spionaggio all’Estero della Russia ed era abituata alla
violenza quasi quanto me.
Anche nella suite c’era un bel po’di gente: alcuni detective della Polizia, un paio di agenti federali e il Medico Legale che era chino su un certo cadavere disteso sul letto.
-Non la tocchi!- intimai.
Il dottore si girò
verso di me, perplesso.
-Chi è lei?- mi chiese.
-Nick Fury, Direttore Esecutivo dello S.H.I.E.L.D.- risposi con un sorrisetto -Mi delude, Dottore: pensavo che la mia faccia fosse apparsa così tante volte nei media da essere subito riconoscibile da chiunque, considerata anche la benda.- tornai serio ed aggiunsi -Le ripeto di stare lontano da quel corpo.-
-Ma non ne ho ancora dichiarato il decesso.-
-E non lo farà, penserà a tutto il mio staff.-
-Tutto questo è irregolare.-
-Protesti con il Segretario Generale delle Nazioni Unite.-
-A che gioco stai giocando, Fury?-
A farmi questa domanda era stato l’Agente Speciale Phil Corrigan del F.B.I., un tipo in gamba della Divisione Antiterrorismo del Bureau.
-Al solito gioco.- risposi -Questo non è un semplice omicidio e lo sai benissimo o non saresti qui anche tu.-
Lui fece un cenno d’assenso e borbottò:
-Hai ragione. Per questo, appena ho riconosciuto la Contessa, ti ho fatto chiamare. Sei arrivato in fretta.-
-Ero… eravamo al Russian Tea Room, praticamente in fondo alla strada.-
Prima che lui potesse aggiungere altro, sentimmo un po’ di rumore vicino alla porta. Erano Junior Juniper e Laura Brown. Nessuno dei due era in uniforme ed erano giunti insieme. Non stetti a pensarci troppo. Io e Laura non ci eravamo fatti promesse e lei era libera di vedere chi gli pareva ed io pure. Una volta che furono entrati, Laura fissò, perplessa, Anya ed io mi sentii in dovere di presentarla:
-Anna Olegovna Derevkova del Consolato Russo. Potete parlare liberamente.-
Non mi chiesero perché fossi in compagnia di una funzionaria del Consolato russo ed io non glielo dissi. Erano ragazzi in gamba.
-E così hanno chiamato anche voi, ottimo.- dissi.
-Cos’è successo?- chiese Junior.
-Stavo giusto per chiederlo.-
-Da quel che abbiamo capito… - disse Corrigan -… questa suite è registrata a nome di Jan Van Hauser, un miliardario belga la cui famiglia si è arricchita con il commercio dei diamanti del Katanga.[3] Lui e la Contessa sono arrivati qui circa tre ore fa e si sono fatti servire la cena in camera. Lei era a letto quando qualcuno le ha sparato alla nuca.-
-Qualcuno che l’ha presa di sorpresa.- disse Laura -Qualcuno da cui non si aspettava una cosa simile. Val stava sempre in guardia. Dov’è adesso questo Van Hauser?-
-Sparito.- rispose Corrigan -Pensate che fosse lui l’assassino? Molto probabile alla luce di quel che è successo dopo.-
-E che è successo dopo?- chiese Anya in un ottimo Inglese venato appena da un accento russo.
Potevamo tutti immaginarcelo facilmente ma lasciammo che fosse Corrigan a spiegarlo.
-Una cameriera è entrata improvvisamente. A quanto pare, aveva confuso una suite con un’altra, un errore che le è costato la vita. Il nostro assassino, vistosi scoperto, l’ha uccisa senza pensarci due volte e poi ha fatto lo stesso con la guardia di sicurezza del piano quando ha lasciato la suite, quindi è uscito dall’hotel.-
-Era Van Hauser, ne siete certi?- chiesi
-Così dicono le telecamere di sicurezza. Una volta fuori è salito su una Ford Focus Mk III azzurra che lo stava chiaramente aspettando e che è partita immediatamente. È stata subito segnalata ovviamente.-
-E l’avete rintracciata?-
-A questo posso rispondere io, Colonnello.- intervenne una ragazza dai capelli scuri vestita di pelle nera e con un distintivo dorato da detective sul bavero del giubbotto. Era decisamente molto giovane ma la sua espressione diceva che era già una dura.
-E lei sarebbe?-
-Detective di 3° Grado Stacy Dolan, Squadra Omicidi di Manhattan.- rispose.
-E come mai hanno mandato lei invece di un detective più… anziano?-
-Voleva dire: “più esperto”, non è vero?- ribatté sorridendo -Non mi offendo. La verità è che da quando sono in Polizia mi sono fatta una certa esperienza in casi insoliti.-
-Come la faccenda di Ghost Rider e gli omicidi dei testimoni del processo Natchios?- replicai a mia volta.
Lei sgranò gli occhi ed esclamò:
-Come fa a…?-
-Mi pagano per essere informato. Ma stava dicendo di quell’auto.-
-Sono stata appena informata che è stata ritrovata nell’East River con un cadavere a bordo.-
-Van Hauser, senza dubbio.-
-Non è confermato.-
-Vedrà che è così. L’Hydra non lascia in vita chi ha fallito.-
-Come fa ad essere certo che è un’operazione dell’Hydra?-
-Istinto. Bene, signori e signora, noi dello S.H.I.E.L.D. ci prendiamo la Contessa. A voi tutto il resto. Te ne occupi tu, Junior?-
-Uhm… ok, Nick.- rispose lui non molto entusiasta.
Ignorai le proteste e cominciai a pensare alle mosse successive.
Laboratori dello S.H.I.E.L.D., Turtle Bay,
Manhattan, New York City, adesso. Valentina sbattè ancora gli occhi e disse:
-Quindi se sono ancora viva è perché una povera cameriera è entrata
nella camera sbagliata?-
Non era proprio così: lei
era viva perché in realtà era un LMD,[4] un
sofisticato androide virtualmente indistinguibile da un vero essere umano,
tanto simile che una pallottola nel cranio aveva fatto cessare le sue funzioni facendole
perdere un liquido che sembrava realmente sangue.
Di questo lei era del tutto inconsapevole: credeva
di essere la vera Valentina ed ignorava che quest’ultima era stata da tempo
sostituita da un clone inviato dall’Hydra che io stesso avevo ucciso.[5]
Nick aveva deciso che la nuova Val dovesse essere inconsapevole della sua vera
natura, cosa che l’avrebbe fatta agire con naturalezza. Sperava che questo
avrebbe spinto l’Hydra a reagire dandoci modo di scoprire se Val e gli altri
agenti che erano stati sostituiti da cloni, tra cui suo figlio Mike, erano ancora
vivi.
Aveva funzionato anche
troppo bene: se non fosse stata un LMD ora questa Val sarebbe morta. Invece
erano bastati un paio di rattoppi alla sua carrozzeria ed un riavvio del suo
cervello positronico con l’innesto di falsi ricordi ed era come nuova e pronta
a ricominciare. Decisamente inquietante per un ragazzo di campagna degli anni
40 come il vostro Jonathan “Junior” Juniper.
-Era davvero Jan quello nell’auto ritrovata nel fiume?- chiese Val
mettendosi a sedere sul lettino.
-Ovviamente sì.- rispose
Nick -Noi pensiamo che l’idea originale fosse ucciderti e poi far sparire il
tuo cadavere. L’arrivo imprevisto della cameriera ha scombinato i piani e
bruciato la copertura di Van Hauser. Per questo alla fine l’hanno eliminato:
non era più utile ed era diventato un rischio, senza contare che l’Hydra non
perdona i fallimenti.-
-Già. Jan… lui era
un clone?
C’era
una nota di speranza nella sua voce, una speranza confermata da Nick:
-Sì, le analisi non
lasciano dubbi. Non sappiamo da quanto si fosse sostituito al tuo amico né se
lui sia ancora vivo.-
-Sono contenta. Era
un caro amico e mi sarebbe dispiaciuto scoprire che si era venduto all’Hydra.
Mi resterà un buon ricordo di lui. Ora vi dispiacerebbe voltarvi o uscire?
Vorrei rivestirmi e riprendere servizio ed anche se non c’è nulla che tu e
Junior non abbiate già visto, Nick, e di sicuro non turberei la nostra Miss
Brown, non vorrei mettere in imbarazzo il Dottor Dugan.-
Nick rise ed io credo di essere
arrossito. Alla fine uscimmo dalla stanza ed io ne approfittai per chiedere a
Nick:
-Perché, questa
farsa? Perché farla rivivere ancora?-
-Perché Strucker
non sa resistere ad una sfida. Ci riproverà anche se sospetterà una trappola.-
rispose lui.
-Insomma, la stai
usando come esca? Non so se la cosa mi piace.-
-Dovrai farci il
callo, Junior: lo spionaggio è un gioco sporco.-
Improvvisamente
il telefono di Nick trillò e lui rispose:
-Sì, Miss Rossberg?-
La segretaria di Nick disse qualcosa e
lui rispose:
-Arrivo subito.- si
voltò verso di noi e disse -Mi aspettano in ufficio. Voi sapete cosa fare.-
Lo sapevo ed anche se non mi
entusiasmava l’avrei fatto, ma non per questo doveva piacermi.
Un appartamento
nell’Upper West Side, Manhattan, New York City, poco dopo l’alba.
La donna che giaceva sul letto coperta a malapena da un lenzuolo disfatto non
dava segni di vita. Un uomo sui quarant’anni dalla carnagione olivastra era in
piedi accanto al letto e si stava allacciando i polsini della camicia. Gettò
uno sguardo verso la donna sul letto e scosse la testa.
-Mi dispiace,
Amelia.- sussurrò.
Si avvicinò allo specchio e si
annodò la cravatta poi indossò la giacca ed andò ad aprire la porta. Sulla
soglia c’erano tre uomini vestiti da operai della manutenzione che portavano
una specie di cesta ed una donna che era la copia esatta di quella sul letto e
che indossava un abito scuro senza maniche.
-Benvenuta a casa
Lady Croft.- la accolse lui con un sorriso.
-Grazie, Mr. Bakshi.-
rispose lei sorridendo a sua volta.
Il
gruppetto entrò nell’appartamento e puntò dritto alla camera da letto. La donna
che era stata chiamata Lady Croft guardò l’altra distesa sul letto e poi si
rivolse al suo anfitrione chiedendo:
-L’hai uccisa?-
-No, è solo drogata.-
rispose lui -dobbiamo ancora estrarre dal suo cervello i ricordi degli ultimi
giorni da travasare poi nel tuo. Insomma ci è utile viva almeno per ora. Lo
smascheramento e la morte di Wu Tong[6] ci hanno costretto ad
accelerare i tempi purtroppo. Ora tocca solo a te il compito di spiare il
Comitato di Controllo.-
-Non mi sottrarrò ai
miei doveri.-
-Ottimo
atteggiamento.-
Mentre loro parlavano, i tre finti
operai avevano preso il corpo nudo della donna sul letto e l’avevano sistemato
nella cesta che poi avevano accuratamente richiuso.
L’uomo che si faceva chiamare Sunil
Bakshi sorrise e disse:
-Ora sei tu Amelia
Baronessa Croft di Wickenham, buona fortuna.-
L’altra scattò nel saluto romano ed
esclamò:
-Heil Hydra!-
Gli altri la imitarono. Bakshi
sembrò esitare appena un istante poi anche lui alzò il braccio e ripeté
-Heil Hydra!-
Università di Stato della Georgia, Scuola di
Scienze Politiche Andrew Young, Divisione di Scienze Sociali, Downtown,
Atlanta, Georgia. Adesso. La professoressa Nora Johnson era
afroamericana e non era più giovanissima, come suol dirsi, ma aveva ancora una forma
fisica invidiabile, merito, diceva lei, di una dieta sana e di una regolare
attività fisica. In effetti chi si fosse svegliato presto al mattino avrebbe
potuto vederla fare di corsa più volte il giro del campo per poi ritrovarla
poche ore più tardi a lezione nel suo corso di Scienze Sociali fresca e Linda
come una rosa.
Era
arrivata ad Atlanta una trentina d’anni prima, sola, a parte un figlio nato da
poco. Di un marito, compagno… o compagna non parlò mai e nessuno le chiese mai
niente. L’Università la assunse senza fare problemi: aveva le competenze e le
referenze giuste ed era la sola cosa importante per il preside di allora. In
breve Nora si guadagnò l’apprezzamento il rispetto e perfino l’affetto di
studenti e colleghi. La sua vita privata
era decisamente riservata. Da quando il figlio se n’era andato a 22 anni per
arruolarsi nell’Esercito, viveva da sola e non aveva avuto storie con uomini da
diversi anni almeno che si sapesse.
Quel
mattino stava tornando a casa dopo una lezione e camminava tranquilla. Se si
era accorta che un uomo la stava seguendo da quando era uscita dalla scuola non
lo dava a vedere. Giunta nei pressi della sua villetta a due piani sembrò non
degnare neanche di un’occhiata il furgone della compagnia elettrica
parcheggiato poco lontano o i due operai che armeggiavano attorno ad un
lampione.ma in realtà era decisamente attenta.
Armeggiò
con la borsetta apparentemente in cerca delle chiavi di casa poi si voltò di
scatto e nella sua mano c’era una Beretta Cougar con la quale fece fuoco
immediatamente colpendo al petto l’uomo alle sue spalle prima che potesse
spararle a sua volta. I cosiddetti operai avevano estratto dei fucili e
cominciarono a sparare ma lei si era già gettata a terra rispondendo al fuoco ed
abbattendoli uno dopo l’altro.
Sono
troppo vecchia per questo, pensò Nora rimettendosi in piedi. In quel momento
dal furgone uscì un’intera squadra di uomini che indossavano una caratteristica
uniforme verde con un H gialla sul petto. L’Hydra? Pensò lei, questo era del
tutto inaspettato. In ogni caso erano decisamente troppi per lei..
Una
Lotus Elise nera arrivò a tutta velocità ed inchiodò davanti alla casa. A
guidarla era una giovane afroamericana dell’apparente età di venticinque anni,
con la pettinatura in stile afro ed occhiali neri sul naso. Indossava un,
giubbotto di pelle verde con ampie spalline e minigonna nera come gli stivali
che le arrivavano al ginocchio. Mentre sparava ai commandos dell’Hydra con una
pistola Sig Sauer
P226 armata con proiettili 9x19 parabellum, urlò:
-Si muova, Mrs. Johnson, salga!-
Nora non
se lo fece ripetere due volte. Corse rapidamente evitando il fuoco nemico e
saltò letteralmente a bordo dell’auto. Pochi attimi e le ruote della Elise si
ritirarono in posizione orizzontale e la vettura decollò in assetto verticale
per poi allontanarsi rapidamente.
-La sua copertura è saltata, Mrs. Johnson.- disse la nuova
arrivata mentre Nora Johnson riprendeva fiato..
-Me n’ero accorta, maledizione!- sbottò l’altra.
-Mi dispiace. La cosa è successa la notte scorsa e non sono
riuscita ad arrivare prima.-
-Quest’auto volante… lei non è della C.I.A. ma dello
S.H.I.E.L.D., giusto?-
-Agente 22.- confermò lei.
-Questo vuol dire che Nick sa? Da quando?
-Il Direttore Fury non è ancora informato. Questa è
un’iniziativa del Direttore Jones. Le spiegherà tutto lui, Mrs. Johnson.-
-Mi chiami Nia.- replicò lei appoggiandosi al poggiatesta
-Nia Jones… è il mio nome.-
Quartier Generale dello
S.H.I.E.L.D., Turtle Bay, Manhattan, New York City. Quando arrivai nel mio
ufficio, Anya Derevkova stava aspettandomi in anticamera sotto lo sguardo
attento della mia assistente esecutiva, volgarmente detta segretaria, Karin
Rossberg.
Vedendomi si
alzò in piedi e mi sorrise salutandomi con un bacio sulle labbra alla maniera
russa. La accompagnai nel mio ufficio. Lei si guardò intorno e disse:
-E così è qui che lavori, Kolya? Mi immaginavo qualcosa di
più spartano da te.-
-In realtà questo è più che altro un ufficio di
rappresentanza.- risposi -Ci vengo di rado, di solito preferisco lavorare
sull’elivelivolo, è più pratico e più sicuro.-
-Capisco ma hai comunque una segretaria molto attraente.
Scandinava, giusto? Come dite voi americani? Ah sì: te la sei fatta?-
-Anya!- esclamai -Contrariamente a quanto dicono certe
malelingue, io non vado a letto con tutte le donne con cui lavoro.-
-Ma davvero? Me lo ricorderò.-
Anya si
fermò a contemplare una foto sulla mia scrivania:
-Questo è tuo figlio Mikel, giusto? Ho visto un’altra foto
sua nel tuo appartamento ieri. Il solo figlio che credevi di avere… fino ad
ora.-
-Parla chiaro Anya: credi che a tua figlia sia accaduto
qualcosa?-
-A nostra figlia, sì. Stando a quanto ho saputo è arrivata a Sheremetyevo[7] con un volo speciale di cui era l’unica passeggera circa una settimana fa e da allora nessuno l’ha più vista. Non si è presentata a rapporto dai suoi superiori del F.S.B.[8] e nemmeno nel suo appartamento. Tantomeno si è fatta viva con me.-
-Odio dirtelo, Anya, ma raramente i figli si preoccupano di chiamare i loro genitori. Forse è ripartita per una qualche missione segreta perfino per te, in fondo è una donna adulta ormai e si è scelta un mestiere pericoloso. Per giunta non è nemmeno un agente qualunque ma una delle Vedove.-
-Deve essere una cosa genetica visti i genitori che le sono capitati.- disse Anya con un sorriso mesto.
-Perché non mi hai mai detto niente di lei?-
-E cosa avresti fatto? Avresti mollato tutto per venire in Russia o magari avresti voluto che venissi in America? Non avrebbe funzionato e lo sai. Era meglio non caricarti di questo fardello.-
-Dovevi farlo decidere a me.-
-Questo non ha più importanza ormai. Ciò che conta adesso è cosa è successo a Olga.-
-E cosa credi che le sia successo?-
-Non chiedermi perché, ma sono convinta che non sia mai salita su quell’aereo, che al suo posto ci fosse un’impostora. Lei non ha mai lasciato gli Stati Uniti ed è in pericolo, lo sento.-
Mai discutere con l’istinto di una madre e poi… cominciavo ad avere qualche preoccupazione anch’io. Da quel che ne potevo sapere, Mio figlio Mike poteva essere morto anche se volevo pensare che non fosse così, che quel bastardo di Strucker lo tenesse in vita per torturarmi psicologicamente. Non avrei permesso che lui od altri facessero lo stesso con la figlia che avevo appena scoperto di avere.
Il problema era che questa figlia era anche una delle Vedove, la Vedova Bianca per l’esattezza, le migliori agenti donne dei tre principali servizi segreti russi. Io ne avevo conosciuto personalmente due[9] e sapevo bene quanto fossero in gamba. Se Olga fosse scomparsa volontariamente, trovarla sarebbe stata un’impresa quasi impossibile. Naturalmente questo non mi scoraggiava: mi avevano nominato Direttore dello S.H.I.E.L.D. proprio perché ero bravo a portare a termine missioni impossibili.
Da
qualche parte nei sotterranei di New York.
L’uomo anziano aveva una discreta somiglianza con Albert Einstein ed era
perfino vestito come il famoso genio della fisica appariva nelle immagini ormai
diventate iconiche. Accanto a lui c’era una giovane donna dai capelli color rame e gli occhi di smeraldo che indossava una tuta
bianca così attillata che sembrava essere stata disegnata direttamente sopra il
suo corpo sinuoso. Appena sopra il seno sinistro, era impressa la silhouette di
un ragno nero. I suoi occhi erano
gelidi e le labbra piegate in una smorfia crudele.
Davanti a loro stava un uomo che
indossava una tuta verde con disegnato all’altezza del petto il simbolo della
falce e martello. Il simbolo in questione era rosso, come l’inquietante
maschera a forma di teschio che gli copriva il volto ed il mantello
drappeggiato sulle sue spalle.
-Pare che abbia fatto
davvero un buon lavoro, Professor Pchelintsov, mi congratulo con lei.- disse,
Il Professor Grigor Ivanovitch Pchelintsov,
genio della cosiddetta psicotecnica, volgarmente chiamata lavaggio del cervello
si concesse un sospiro di sollievo ed un sorriso di compiacimento.
-Ho fatto solo ciò
che mi è stato chiesto, Compagno Teschio Rosso.- replicò con finta modestia.
L’uomo che si faceva chiamare
Teschio Rosso sorrise a sua volta e si rivolse alla ragazza:
-E tu cosa hai da
dire, Vedova Bianca?-
-Sono ai tuoi ordini,
Compagno Teschio Rosso ed ucciderò tutti i tuoi nemici.- rispose lei con voce
atona.
-Comincerai presto,
mia cara ragazza, molto presto e sarà un bersaglio adatto al tuo talento.-
-Non fallirò.-
replicò lei convinta.
Il Teschio Rosso sogghignò ancora ed
il Professor Pchelintsov sentì un brivido gelido corrergli lungo la spina
dorsale.
Nei cieli sopra la Costa orientale degli Stati Uniti. Non riuscivo ancora ad abituarmi a volare a bordo
di un’auto In fondo ero davvero un giovanotto semplice degli anni 40 come il
ragazzo da cui ero stato clonato: il Soldato Scelto Jonathan “Junior” Juniper,
ucciso in Germania nel 1942 prima di compiere vent’anni. La mia memoria
genetica conservava il ricordo dei suoi ultimi istanti di vita e non è il tipo
di esperienza che augurerei a nessuno. Avevo i ricordi di Junior Juniper e la
sua personalità ma ero un po’ più vecchio perché ero stato in giro qualche anno
in più del vero Juniper. Nick Fury mi trattava come se fossi realmente il suo
vecchio amico redivivo e, lo confesso, la cosa mi faceva davvero piacere.
Mi faceva piacere anche
trovarmi al fianco di Laura Brown che era alla guida della nostra auto volante,
ma per tutt’altri motivi, confesso anche questo. Laura era un gran bel pezzo di
figliola: capelli biondi, occhi azzurri, tutte le curve al posto giusto, sexy
ma non aggressiva; insomma mi piaceva un sacco. Il solo problema era che aveva una
specie di relazione con Nick. Diceva che non era nulla di impegnativo, che
entrambi erano liberi di vedere chi volevano ma io faticavo ad abituarmi a
queste cose moderne, ero davvero vecchio stile, che potevo farci?
Un altro problema era la
donna che guidava la Lamborghini Aventador che ci volava davanti. La Contessa
Valentina Allegra De La Fontaine ed io eravamo diventati amanti dopo il mio
arrivo allo S.H.I.E.L.D. ma la cosa era finita drammaticamente quando avevo
scoperto che era stata sostituita da un clone che ero stato costretto ad
uccidere. Nick l’aveva fatta sostituire da un LMD, un androide talmente
perfetto da non sapere nemmeno di essere tale. Forse era proprio perché io, a
disagio per la situazione, mi ero allontanato da lei che era finita nella
trappola di quel tizio che l’aveva quasi ammazzata. Insomma, ero intrappolato
in una ragnatela di sensi di colpa.
Eravamo ormai vicini
all’Elivelivolo, un’altra meraviglia a cui facevo fatica ad abituarmi, che
l’auto di Valentina cambiò improvvisamente direzione mentre la sua voce
risuonava alla radio:
<<Cambio di programma, ragazzi. Sono appena stata informata di un
attacco dell’Hydra.>>
-Quei nazisti sanno davvero rovinarti la giornata.- commentai.
<<Ce la fai ad allertare la tua squadra di fenomeni?>> mi
chiese Val.
-Nessun problema.- risposi -Lo Svanitore può portarli tutti dovunque in
un secondo. Dove devo mandarli?
<<Al Walter Reed, in Maryland.>>
L’Hydra stava attaccando
il più grande ospedale militare della nazione? Perché?
Walter
Reed National Military Medical Center, Bethesda, Montgomery County, Maryland,
dieci minuti prima. L’uomo puntò con forza le mani sui
braccioli della sedia a rotelle e si rizzò in piedi, fece un paio di incerti
passi poi, con maggior decisione, si avvicinò ad una finestra e guardò fuori.
Era un afroamericano dal fisico
muscoloso che indossava l’uniforme da battaglia dell’Esercito con i gradi di
Sergente Scelto e le mostrine del 75° Reggimento Ranger ed altre decorazioni
che dimostravano che era stato in vari teatri di guerra. Aveva il cranio rasato
e sull’occhio sinistro c’era una vistosa fasciatura.
-Come si sente oggi,
Sergente Johnson?- chiese qualcuno alle sue spalle.
Lui non si scompose: lo aveva già
sentito arrivare e poi aveva visto il suo riflesso sul vetro della finestra.
-Come uno che ha
perso un occhio, Dottore.- replicò con calma.
-Mi dispiace.-
ribattè il medico militare in tono sincero -Abbiamo fatto tutto il possibile
per salvarglielo ma era troppo danneggiato. Ho sentito dire, però, che ci sono
delle protesi bioniche che…-
-Non so se mi va
l’idea di avere qualcosa di artificiale in testa. Io…-
Il
Sergente Scelto Marcus Johnson non completò la frase, qualcosa aveva attratto
la sua attenzione, qualcosa che si stava avvicinando rapidamente. Uomini
volanti grazie a jetpack che imbracciavano dei fucili ed indossavano un
‘uniforme verde che lui riconobbe immediatamente.
-Giù!- urlò dando una
spinta al medico e gettandosi a terra.
Un attimo dopo i vetri della
finestra esplodevano in mille pezzi sotto la spinta delle raffiche della
squadra d’assalto dell’Hydra.
Era proprio l’Hydra ma perché la più
famigerata organizzazione terroristica del mondo assaliva proprio il più grande
centro ospedaliero interforze degli Stati Uniti?
Non
era il momento di farsi domande oziose, ma di procurarsi un ‘arma, pensò
Johnson. Strisciò sino ad un soldato che era stato colpito dalle prime raffiche
e prese la sua pistola.
Appena
in tempo. Gli uomini dell’Hydra entrarono nella stanza ed uno di loro gridò:
-Eccolo, è lui!-
-Prendetelo vivo se
potete ed uccidetelo solo se è indispensabile.- intimò un altro, evidentemente
il capo squadra.
Volevano lui? Non aveva senso.
Quartier Generale dell’Hydra, località
sconosciuta. Wolfgang Barone von Strucker ascoltò con apparente
distacco il resoconto del Capo Settore incaricato della gestione del piano che
lui stesso aveva messo in moto ma in realtà la sua mente già stava pianificando
i passi successivi.
-E così lo
S.H.I.E.L.D. sa del cosiddetto soggetto J. Il nostro informatore diceva che
nemmeno Nick Fury ne era al corrente, che era un’informazione classificata
della C.I.A. a cui lui non ha mai avuto accesso… eppure una maledetta Agente
dello S.H.I.E.L.D. ha individuato una nostra installazione segreta dove i
nostri agenti stavano torturando un agente della Sicurezza Nazionale americana
per farsi rivelare dove il soggetto J si nascondesse e li ha eliminati tutti… da
sola. Mi pare evidente che i nostri avversari sanno.-
La voce di Strucker non era mai
salita di intensità, rimanendo apparentemente calma, il che la rendeva più
inquietante.
-Non tutti, Supremo
Hydra.- rispose il Capo Settore cercando di non mostrarsi nervoso, errore
fatale con il suo leader -Secondo la nostra fonte solo Gabriel Jones ne è stato
informato anni fa ed ha mantenuto il segreto anche con Fury. Ha gestito la cosa
personalmente con un paio di agenti fidati.-
-Ha senso viste le circostanze.- convenne Strucker -Gabe
Jones è sempre stato uno dei più svegli tra gli Howling Commandos ed ha
mantenuto il segreto anche con il suo migliore amico per proteggere la sua
famiglia. Peccato che sia stato tutto inutile: presto il segreto non sarà più
tale.-
-Stiamo procedendo secondo il piano, Supremo Hydra. La donna
ci è sfuggita… per ora ma il soldato sarà presto in nostre mani e se non potrà
essere catturato, verrà ucciso sul posto.-
-Mi auguro che vada così Capo Settore D8. Lei sa cosa
accade a chi fallisce.-
L’altro
non rispose. Lo sapeva fin troppo bene: il prezzo del fallimento era la morte.
Quartier Generale dello
S.H.I.E.L.D., Turtle Bay, Manhattan, New York City. La voce di Karin Rossberg
risuonò improvvisa dall’interfono:
<<Colonnello c’è un’emergenza di classe B: un
commando dell’Hydra ha attaccato l’Ospedale Militare Walter Reed nel Maryland.
La Contessa e la Comandante Brown si stanno già dirigendo lì.>>
-E ci andrò anch’io.- dissi con risolutezza.
Aprii la
porta ed oltrepassai la nordica bellezza bionda alla scrivania: prima che
potesse anche solo pensare di dirmi qualcosa. Anya Derevkova mi seguì con passo
svelto.
-Non sei proprio il tipo di generale che se ne resta nelle
retrovie, eh, Kolya?- mi disse.
-Assolutamente no.- replicai -Io rischio assieme a tutti
gli altri in prima linea. Non dovresti esserne sorpresa.-
-E non lo sono, infatti.-
Ci
fermammo in attesa dell’ascensore e le chiesi:
-Che intenzioni hai?-
-Vengo con te, è ovvio.- rispose -E non provare a
dissuadermi.-
Sogghignai e replicai:
-Non ci provo nemmeno ma il tuo governo approverà che tu
collabori attivamente con lo S.H.I.E.L.D.? Non siamo esattamente in buoni
rapporti ultimamente.-
Anya
sorrise e rispose:
-Non te l’ho detto stanotte? Dovevo avere altro per la
testa: proprio ieri la Duma[10]
ha votato il ritorno della Federazione nello S.H.I.E.L.D., siamo di nuovo nella
famiglia.-
Avrei
avuto molto da dire sulla famiglia ma mi trattenni ed invece dissi:
-Dovrei avere una pistola in più nel cruscotto della
Porsche.-
-Non serve.- replicò lei -Ho una Makarov nella borsetta.-
Ridacchiai.
Non mi ero sbagliato su di lei. L’ascensore arrivò e ci portò sino all’hangar
dove saltammo sulla mia Porsche Carrera e volammo verso il Maryland.
-Perché mai l’Hydra dovrebbe attaccare un ospedale militare?-
mi chiese Anya.
-Che io sia dannato se lo so.- replicai perplesso quanto
lei.
Ma avevo
un brutto presentimento al riguardo.
Walter Reed National Military Medical
Center, Bethesda, Montgomery County, Maryland,
interno. Il Sergente Scelto Marcus Johnson era
decisamente perplesso: a quanto pareva un intero reparto di incursori
dell’Hydra aveva invaso l’ospedale al solo scopo di catturarlo od ucciderlo, ma
perché? Il suo reggimento, aveva preso parte ad azioni antiterrorismo come
quella in cui aveva perso l’occhio ed era la ragione per cui lui era lì.
Nessuna di esse, però, aveva a che fare con l’Hydra per quanto ne sapeva.
Queste considerazioni potevano
aspettare, ora era più importante restare vivo e difendere i pazienti che non
erano in grado di farlo da soli. Era ancora un po’ malfermo sulle gambe dopo la
lunga degenza e doveva ancora aggiustare completamente la vista alla sua nuova
condizione ma una delle cose di cui andava più fiero era la sua capacità di
adattarsi alle varie situazioni e gli agenti dell’Hydra che caddero sotto i
suoi colpi precisi me fecero le spese. Il problema era che erano troppi.
Improvvisamente ci fu una sorta di
sfrigolio nell’aria e dal nulla apparvero quattro figure: una donna alta dai
capelli rossi ed il fisico da culturista che indossava una tuta arancione; un’altra donna inguainata in una tuta
attillata nera e che aveva la pelle lattea ed una specie di tatuaggio nero
attorno all’occhio sinistro; un uomo calvo che indossava una calzamaglia nera
come quelle dei mimi francesi ed infine la vista più straordinaria ovvero un
gorilla che indossava una sahariana con pantaloncini corti, aveva una bandana
sulla fronte ed una pistola per zampa. Fu il gorilla ad urlare:
-All’arrembaggio miei
prodi!-
Adesso sì che le ho viste tutte,
pensò Marcus.
Walter Reed National
Military Medical Center, Bethesda, Montgomery
County, Maryland, esterno. Dal rumore che si sentiva era ovvio che la
battaglia era ancora in corso. Ricordi che in realtà non erano miei si
affollavano nella mia mente in modo caotico. Mi rivedevo in azione con gli
Howling Commandos nell’Europa occupata dai Nazisti. Quasi ottant’anni dopo mi
ritrovavo ancora contro di loro.
Io e Laura eravamo saltati
dalla nostra auto quasi prima che atterrasse del tutto. Valentina ci aveva
preceduti di poco e stava già entrando nell’edificio da cui provenivano urla e
spari. LMD o meno aveva coraggio da vendere e non intendeva aspettare i
rinforzi prima di agire. La pensavo come lei: intanto ce la saremmo sbrigata
noi tre. Sulla soglia mi imbattei in una vecchia conoscenza: lo Svanitore. Se
lui era qui, allora anche gli altri erano arrivati. Ottimo.
Lo bloccai e gli chiesi:
-Dove stai andando, Telford?-
-Al sicuro, non sono fatto per l’azione.- rispose.
-Lo sai che ti succede se ti teleporti troppo lontano da me, vero?-
Lui mi rivolse un
occhiataccia ed io lo lasciai perdere e proseguii con le mie amiche, giungemmo
in un salone dove la mia squadra era già all’opera. Man Killer si stava dando
da fare con una delle cose che la divertivano di piu: picchiare a sangue dei
maschi, Domino saltava e sparava mentre i proiettili le fioccavano attorno
senza nemmeno sfiorarla, merito del suo potere di buona fortuna. Gorilla Man
sembrava divertirsi. Immagino che quando si è uno scimmione immortale l’essere
colpito da un proiettile non sia una grande preoccupazione. Lo era, però
sicuramente per il tipo in mezzo a loro: un afroamericano, come si dice oggi,
calvo ed il volto parzialmente coperto da bendaggi, in particolare sull’occhio
sinistro. Indossava un’uniforme che conoscevo bene. Il vero Junior Juniper ne
portava una simile quando era morto. Nessun altro soldato avrebbe fatto quella
fine se io avessi potuto impedirlo.
Mi tuffai in mezzo allo
scontro sparando su qualunque bastardo vestito di verde mi capitasse a tiro.
-Ehi, capo…- mi apostrofò Gorilla Man -Non volevi perderti il
divertimento?-
-Più che altro non volevo lasciarlo tutto ad un bestione come te.-
replicai sarcastico.
-Beh, almeno ti sei portato dietro due sventolone sexy.
Proprio quello che mi
serviva: un gorilla parlante che credeva di essere spiritoso.
Elivelivolo
dello S.H.I.E.L.D. nei cieli sopra la Costa Orientale degli
Stati Uniti, circa mezz’ora prima. La Lotus Elise atterrò sul ponte e
le due donne afroamericane ne scesero. In piedi ad aspettarle c’era un altro
afroamericano più anziano, capelli bianchi, fisico snello e tonico, occhi
attenti. Nel vedere la meno giovane delle due donne che venivano verso di lui la
sua espressione severa si distese. Nella sua voce una trattenuta emozione
quando disse;
-Ciao, Nia.-
La donna
che si faceva chiamare Nora Johnson cercò di rimanere disinvolta quando
replicò:
-Ciao papà. Ne è passato di tempo.-
CONTINUA
NOTE
DELL’AUTORE
Cosa dire? Nulla che non sia già spiegato nella storia. I
più attenti di voi avranno già capito dove sto andando a parare e non tutti ne
saranno contenti. Gli altri aspetteranno il prossimo episodio.
A presto.
Carlo
[1] Crime
Scene Unit.
[2]Sluzhba Vneshney Razvedki,
[3] Regione dell’ex Congo
Belga oggi Repubblica Democratica del Congo
[4] Life Model Decoy.
[5] Nell’episodio #8.
[6] Nello scorso episodio.
[7] Il più importante
aeroporto di Mosca.
[8]Federal'naya Sluzhba Bezopasnosti., il servizio di sicurezza interna della Federazione Russa.
[9] Natasha Romanoff e Yelena
Belova naturalmente.
[10] La Camera Bassa del
Parlamento Russo.